La leggenda narra che il Dio Apollo era innamorato di Cassandra, figlia di Priamo ed Ecuba. Egli aveva promesso d’insegnarle a indovinare il futuro, se ella avesse acconsentito a concedersi a lui. Cassandra accettò lo scambio, e ricevette le lezioni del dio; ma, una volta istruita, si sottrasse a lui. Allora Apollo le sputò in bocca, ritirandole non il dono della profezia, ma quello della persuasione.
Pierre Grimal
Enciclopedia dei miti – Ed. Garzanti
In occasione di un progetto discografico che, sull’imperitura opera di Bach “Sei solo a violino senza basso accompagnato”, coinvolgeva una celebre violinista, avevo stilato alcune note che ora amo ricordare.
E ne parlo su questa elegante rivista perché, forse, è il posto perfetto per ribadire chiaramente quale dovrebbe essere il fine ultimo di tutti i prodotti progettati e costruiti per il ri-ascolto della musica.
Cercavo, in quelle note, di tracciare una “summa” dell’ideale percorso della musica di prima generazione quando viene “cristallizzata” nella limitatezza della musica di seconda generazione.
Limitatezza che, idealmente, può a volte dissolversi quando l’arte dei vari “operatori” sa confluire in una superiore Unitarietà.
Il cardine reggente, comunque, è sempre e solo l’elemento umano: colei (in quel caso) che, in primis, sa suscitare quelle vibrazioni dello strumento che si trasmuteranno poi nelle emozioni degli ascoltatori.
L’interprete, dunque, deve saper comunicare quella forza, quella sicurezza, quella consapevolezza che possano far intuire come, a monte di quella esecuzione, vi sia un enorme lavoro di preparazione, di “rimozione delle scorie”, di “pulitura dello specchio”.
Ogni nota è il frutto maturato nel corso di anni ed anni di studio e ogni maturazione è giunta a compimento nella costante “transustanziazione” di ogni molecola di materia… non più solo vibrazione, ma “vapore” sottile che è tutt’uno con le più riposte ed intime fibre dell’essere umano.
L’ambiente, poi, ove si articola la produzione del suono è il “piano di manifestazione”, è il luogo e la circostanza ove può dipanarsi questa affascinante armonia.
Principialmente (sempre in quel caso) l’armonia di una donna che, “domina”, padrona di se stessa, ingravidata dalla semente Bachiana, nella feconda ritrosia, genera altra armonia variegata e splendente.
Tutto, quindi, deve far trasparire questa ierogamia, questo matrimonio sacro, queste nozze segrete fra la “ricettività attiva” di colei che modula, amplifica, ricama il tessuto armonico e lo “spirito” della musica di Bach.
L’esecutrice è posseduta, ma possiede: un “ecce Ancilla Domini” ove l’Arte è generata in una Mater-Materia che ha voluto aderire al “progetto” e conformarsi…
Un “Vergine Madre, figlia del tuo figlio” ove lo spettatore deve percepire l’amplesso amoroso, obbligatoriamente incestuoso, fra le vibrazioni primordiali e principiali che si ritrovano e si fondono ancora nell’Unitarietà di un parto semplicemente perfetto…
“…e Dio LO creò maschio e femmina” recita la Genesi nella sua originaria scrittura. Nelle vibrazioni di quel legno, di quelle corde, eccitate dalle mani della sua “sacerdotessa”, tutti coloro che “sono” possono percepire, imperioso e forte, questo amplesso ritrovato, questa magia, questa malia, questo fascino che trasuda da ogni nota. La registrazione, poi, per portare testimonianza di quel momento irripetibile, deve “scolpire il percorso”, deve bloccare in un supporto ciò che, per definizione, non può avere “fermo immagine”… deve tramandare quella funzione, quella consapevolezza, quella unitarietà. Il fonico preposto ad una così importante operazione deve saper scavare “fra le pieghe della carne” di un suono che per sua natura non potrà mai essere imprigionato: troppo grande, troppo totale, troppo omnicomprensivo.
E, quindi, ora è lui che, con tutta la sua maestria, deve “farsi femmina”, umile e consapevole del suo ruolo fondamentale: senza la sua disponibilità a farsi “vaso ricettore”, la catena si interrompe e si spezza e all’ascoltatore finale, allora, della vivida musica arriva solo un vuoto simulacro; di quel “Fiat Lux” che si è sprigionato nel profondo silenzio che regge e sostiene ogni singola nota, arriva solo una arida spoglia.
Il fonico deve riuscire a farlo percepire questo silenzio costantemente fecondato dalla vibrazione: deve far intuire questo mirabile e continuo scambio di ruoli, questa “dynamis”, questa dinamica, questa forza che si fonda sull’altezza delle note, ma “respira” in ambiti sottili ove la tecnica ormai è solo obbligatorio e consolidato supporto. Solo attraverso la sua pelle può passare la vibrazione che da quelle corde, da quel legno deve arrivare sino alla pelle dell’ascoltatore di quella musica riprodotta. La esplorazione, poi, del percorso del suono nello spazio circostante, deve essere fatta tramite un sapiente equilibrio delle “vibrazioni” che insistono, consistono e si fondono in quell’ambito contenitore.
Una profonda consapevolezza nella scelta e nella disposizione dei microfoni deve consentire al vero tonmeister di sapientemente inviluppare il corretto impasto fra suono dello strumento ed il suono riverberato e riflesso da tutte le superfici della sala; considerando, poi, con grande attenzione che questo inviluppo sonoro, questo rapporto dovrà poi, nella domestica riproduzione, sinergizzarsi e armonizzarsi con ambienti d’ascolto costantemente differenti.
E qui inizia l’arte di chi deve compiere il cammino a ritroso: “scongelare” ciò che è stato cristallizzato e farlo ridiventare musica nelle sempre diverse abitazioni dei più svariati fruitori.
Professionista consapevole della scaturigine e del percorso, deve anche lui essere ulteriore sapiente anello di questa catena per aiutare l’ascoltatore a chiudere il cerchio e rendere fluido il percorso di quelle vibrazioni che, dal legno generatore devono arrivare, vivide e forti, all’orecchio ed al cuore del fruitore finale. Solo allora “tutto” ha direzione, senso, significato: senza questa emozione finale vanno sprecate forze, energie, potenzialità.
Invece di operare una “traduzione” dalla generazione della Musica sino alla sua riproduzione (che può avvenire unicamente nel consapevole percepire dell’ascoltatore), viene operato un vero e proprio “tradimento” ove tutto risulta disperso e perduto.
Disperso in un mondo parallelo ove la sacralità ierogamica di quel “Fiat Lux” non può trovar rifugio… ove regnano unicamente hobbistici intrattenimenti, patetici esibizionismi, banali collezionismi, cervellotiche speculazioni…
Lorenzo Zen